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- gioved� 20 novembre 08

TRAFFICO ILLEGALE DI CUCCIOLI

La Lav denuncia: cuccioli dall'Est, un business da 300 milioni l'anno

L'Italia e i Paesi come la Spagna, la Francia e il Belgio sono il punto di arrivo di migliaia di cuccioli di cane e gatto provenienti dai Paesi dell'Est, in particolare da Ungheria, Slovacchia, Polonia, Romania, Repubblica Ceca, importati in modo truffaldino falsificando documenti, precocemente strappati alle cure delle loro madri costrette a continue gravidanze, sottoposti a infernali viaggi e imbottiti di farmaci per farli sembrare sani all'acquirente. Un vero e proprio business che movimenta circa 300 milioni di euro all'anno. E' la denuncia della LAV che ha pubblicato oggi un dossier. I principali committenti sono negozianti e allevatori italiani. Questi mostrano agli ignari acquirenti finali presunti madri e padri 'made in Italy' e propongono anche il pedigree a pagamento, quindi falso come la restante documentazione che accompagna i cuccioli. Un cucciolo straniero e' merce poco pregiata sul mercato italiano - spiega il dossier - e puo' essere venduto a circa 200 euro, contro i 500/1500 di un cane della stressa razza ma italiano. Di qui il business: cuccioli dell'est acquistati a circa 60 euro vengono poi rivenduti a prezzi fino a venti volte superiori.



articolo parziale dal Corriere della Sera.it

CONTROLLI INSUFFICIENTI - L'importazione dei cuccioli, secondo quanto accertato in diverse occasioni dalle forze dell'ordine (significativa l'operazione «Black dog» condotta dal Nucleo di Polizia tributaria di Bologna, che ha portato alla luce il coinvolgimento di circa 70 mila animali introdotti illegalmente in Italia in un arco di cinque anni) avviene sostanzialmente sfruttando alcune falle nei sistemi di controllo e contando su un'organizzazione capillare dei trafficanti che coinvolge allevatori, trasportatori, veterinari e negozianti. Proprio tra i commercianti regolari è stato infatti accertato esservi molti dei committenti di questi traffici.

I «CUCCIOLIFICI» - La filiera ha inizio solitamente in qualche abitazione di campagna, dove alcuni esemplari di cane o di gatto vengono costretti a riprodursi a ciclo praticamente continuo in allevamenti cosiddetti amatoriali o a conduzione famigliare. Le madri di queste cucciolate sono custodite generalmente in spazi angusti, impossibilitate a muoversi, alimentate a sufficienza giusto per consentire loro di portare avanti le gravidanze. Tutti i cuccioli vengono poi trasferiti a centri di raccolta dove veterinari locali li visitano, applicano loro il microchip e li dotano dei documenti per il trasporto. Poi inizia il viaggio vero e proprio, spesso a bordo di veicoli non autorizzati, come appunto le auto o i piccoli furgoni non attrezzati per gli spostamenti di animali. E una volta in Italia sono pronti per essere commercializzati.

DA «CLANDESTINO» A «ITALIANO» - Qualcuno viene venduto come cane o gatto «straniero», a prezzi molto concorrenziali rispetto agli animali provenienti dagli allevamenti italiani che rispettano i protocolli dell'Enci e che sono soggetti a maggiori controlli; altri vengono invece «naturalizzati» mediante la contraffazione dei documenti e trasformati come d'incanto in cuccioli di provenienza nostrana. Un passaggio in più che comporta maggiori rischi dal punto di vista penale, in virtù dei certificati taroccati, ma anche maggiori possibilità di guadagno. Basti pensare che, come riporta un dossier della Lav, «un cane di razza di origine ungherese può essere venduto a 200 euro; un cane della stessa razza di origine italiana ha un valore sul mercato compreso tra i 500 e i 1.500 euro». I negozianti, invece, li acquistano ad un prezzo medio di circa 60 euro: tutto il resto è dunque guadagno.

RISCHIO MALATTIE - Non è però soltanto una questione di nazionalità. Indipendentemente dalla provenienza e dalla purezza della razza, che a volte viene certificata anche da pedigree che come tutto il resto sono a loro volta contraffattii, lo stress fisico e psicologico a cui sono sottoposti questi animali tolti alle madri prima dell'avvenuto svezzamento, e l'impossibilità di somministrare loro le adeguate vaccinazioni, fa sì che questi acqusiti si rivelino in fin dei conti anche dei pessimi affari: non è raro, infatti, che essendo animali deboli sviluppino malattie quali cimurro, endoparassitosi, micosi, parvovirosi e rogna, come emerge anche dai resoconti della Fnovi, la Federazione nazionale dell'ordine dei medici veterinari italiani. Numerosi veterinari - fanno notare i curatori del dossier - hanno espresso il loro allarme per la ricomparsa di malattie che si pensavano ormai sconfitte nel nostro Paese, come appunto il cimurro o la rabbia, quest'ultima pericolosa anche per l'uomo.(continua)

Leggi articolo originale dal C.d.S



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